Living Lab 2017/2018: cosa c'è dopo la curiosità iniziale

Durante lo scorso anno scolastico 2017/2018 sono state coinvolte nel Living Lab due scuole secondarie di primo grado di Torino. In particolar ela proposta ha interessato le classi seconde, e verteva su alcune unità didattiche di scienze sviluppate attraverso la piattaforma Cospaces, e permetteva di fruire in modo interattivo di contenuti multimediali attraverso dei visori 3D.
Il primo incontro con i visori è stato accolto in un clima di curiosità generale e vivace interesse. I ragazzi erano desiderosi di provare i visori e dopo una breve fase iniziale di spiegazione sembravano impazienti di attendere il momento della reale fruizione. Questa “trepidazione” ci ha fornito sin da subito il clima emotivo con il quale i ragazzi si approcciavano all’attività: desiderio di fare concretamente con una tecnologia non del tutto sconosciuta, ma percepita ancora come una novità all’interno della scuola.
Nel primo incontro, di carattere conoscitivo rispetto alle tecnologie che si sarebbero utilizzate,  i ragazzi hanno avuto l’opportunità di provare i visori fruendo di esperienze visive non esplicitamente inerenti  la didattica. Quando a turno i ragazzi provavano i visori, intorno a loro si creava immediatamente il gruppetto di  compagni che chiedeva insistentemente cosa stavano vedendo, cosa sentivano, cosa dovevano fare. Il ragazzo con il visore diventava improvvisamente detentore di un sapere sconosciuto agli altri, con cui però doveva subito condividerne la scoperta. In genere la descrizione verbale verteva inizialmente sugli stimoli visivi (cosa avevano visto) e su cosa dovevano fare (eventuali spostamenti e clic sul tasto del visore), per tralasciare eventuali scritte o musiche in sottofondo.
Nei successivi incontri sono state proposte delle unità didattiche di scienze di argomenti che stavano svolgendo con la loro insegnante. Le proposte di attività in  realtà virtuale sono state inserite all’interno di una metodologia con un obiettivo strutturato e condiviso fin dall’inizio. I ragazzi esploravano con interesse, provavano a spostarsi nell’ambiente desiderosi di “scoprire” le varie proposte. L’iniziale interesse si è unito a un maggior senso di padronanza dello strumento e capacità di gestione autonoma. Questa volta però i ragazzi fruivano un’esperienza didattica. Come si sono posti dinnanzi ad essa? Il primo approccio ha confermato l’interesse e la predisposizione a fare un’esperienza con strumenti diversi ma in qualche modo familiari, puntando quindi sull’utilizzo di tecnologie alternative alla didattica tradizionale.
Il grande desiderio di condivisione dei ragazzi ha inoltre suggerito di inserire l’esperienza VR all’interno di un lavoro fatto in gruppo o a coppie, dove lo scambio tra i membri diventa significativo e vincolato all’apprendimento; pertanto la classe è stata divisa in gruppetti di 2, 3 o 4 ragazzi che a turno con il visore facevano esperienza di una parte dell’unità didattica. L’obiettivo era compilare un questionario di gruppo con delle domande inerenti l’argomento dell’unità didattica.
Durante questi incontri abbiamo dialogato a lungo con i ragazzi per capire meglio che senso potesse avere per loro questo tipo di proposta didattica. Sostanzialmente, il punto su cui l’intera classe convergeva era la positività dell’utilizzo di una modalità maggiormente iconica e multimediale di apprendimento, a discapito della modalità prevalentemente verbale. In effetti, in linea di massima tutti i ragazzi non si sono soffermati a fruire di informazioni scritte e hanno attivamente tralasciato i testi e le mappe concettuali più complesse. L’aspetto che potrebbe in parte stupire (ma ad un’attenta analisi forse neanche troppo) è l’utilizzo che i ragazzi farebbero di queste unità didattiche all’interno del contesto scolastico. Anche in questo caso la totalità dei ragazzi le ha considerate come dei riassunti o approfondimenti di qualcosa che avevano già studiato a scuola: nessun ragazzo la interpretava come una sostituzione completa della tradizionale metodologia utilizzata dall’insegnante, bensì come una integrazione, da utilizzare per un ripasso e consolidamento delle conoscenze apprese.
L’osservazione di questo tipo di proposta metodologica ha permesso alcune riflessioni circa le proposte didattiche attuate durante la scuola secondaria di primo grado. Gli aspetti principali emersi, come si diceva, sono l’assoluta novità con i quali i ragazzi hanno accolto le esperienze, poiché esse non erano mai state proposte in ambito didattico. Molti avevano già fatto esperienza di visori per qualche gioco, pochissimi lo possedevano a casa. La novità però si inseriva in un background favorevole ad accoglierla, poiché in qualche modo i ragazzi percepivano la Realtà Virtuale come qualcosa di cui già erano implicitamente esperti, di loro competenza, in un certo senso un know how che li accomunava al di là del livello scolastico legato alle materie.
Al termine degli incontri abbiamo posto alcune domande ai ragazzi che dovevano rispondere con un’indicazione numerica da 1 (= per niente) a 7 (=completamente). Alla domanda: “A fine esperienza, quanto ti sei sentito abile nello spostamento e nell’interazione con l’ambiente virtuale?”, che richiedeva pertanto una valutazione delle competenze raggiunte nella gestione della metodologia di lavoro, 33 ragazzi su 46 hanno dato un punteggio compreso tra 5 e 7, indicando quindi un buon bilancio delle capacità raggiunte.
La domanda: “Quanto sei riuscito a concentrarti sulle attività piuttosto che sul meccanismo utile per svolgere tali attività? (spostarsi negli ambienti, fare clic con il visore…)” ha riportato una valutazione maggiormente variegata: solo 29 ragazzi hanno dato un punteggio tra 5 e 7, mentre 18 hanno dato una valutazione tra 1 e 4 . Questo potrebbe suggerire che per alcuni ragazzi è ancora importante fare esperienza di tali metodologie prima di essere in grado di utilizzarle completamente in modo autonomo per così concentrarsi totalmente sul contenuto dell’unità didattica.